L’acido urico è il prodotto finale del metabolismo delle purine.

Queste si formano nel nostro organismo a partire da purine endogene [sintesi de novo] o esogene, derivanti dalla dieta.

Poiché l’uomo non possiede l’uricasi. l’enzima che degrada l’acido urico, ogni qual volta la produzione di acido urico è eccessiva e/o la sua eliminazione renale è insufficiente, si può sviluppare iperuricemia, una condizione caratterizzata da presenza di concentrazioni sieriche di acido urico eccedenti i livelli di saturazione nel plasma a valori fisiologici di temperatura (37 gradi C°) e pH(7,4).

In tali condizioni nel comparto extracellulare si ha un limite inferiore di solubilità dell’acido urico pari a 6,8 mg/dl, al di sotto del quale esso tende a precipitare come urato monosodico.

La solubilità dell’acido urico extracellulare viene inoltre influenzata da vari fattori tra cui il pH, la temperatura e l’eventuale assunzione di sostanze che ne favoriscono la precipitazione, come ad esempio i diuretici.

Pertanto, in alcune situazioni, la soglia di solubilità si sposta più in basso ed il punto di saturazione per la precipitazione dei cristalli di urato può corrispondere a qualsiasi valore inferiore o uguale a 6 mg/dl.

Varie condizioni come deplezione di volume, obesità, stati ad elevato turn-over metabolico (lisi tumorale, patologie mielproliferative, emolisi), alcuni farmaci (etanolo, diuretici, salicilati ecc.) e diete ricche di purine(ad esempio carne o frutti di mare) possono causare un innalzamento del livello di acido urico.

Livelli particolarmente elevati di acido urico sierico si osservano inoltre nei soggetti con intossicazione da piombo.

L’iperucemia cronica

L’ipeuricemia cronica rappresenta una condizione dannosa per l’organismo in quanto è la base fondamentale per lo sviluppo di depositi di urato monosodico in vari organi e tessuti e delle conseguenti complicanze e/o rischi in particolare cardiovascolari, renali ed articolari.

La prevenzione di una nefropatia cronica da urati, di una nefrolitiasi o del danno articolare cronico, e la possibilità di fronteggiare i rischi e le eventuali complicanze cardiovascolari e metaboliche potrebbe determinare la scelta di trattare i pazienti asintomatici affetti da alterato metabolismo dell’acido urico.

Si deve infatti considerare che i pazienti con iperuricemia cronica presentano un rischio cardiovascolare più alto.

Bisogna inoltre tenere presente che l’ipeuricemia cronica con deposito di urato è una situazione spesso asintomatica per lunghi periodi e che proprio per questo diventa paradossalmente un rischio più grave per la salute del paziente che rimane comunque esposto ai rischi di complicanze renali, articolari e cardiovascolari.

I sintomi della gotta

Nella maggior parte dei casi, la prima manifestazione clinica della malattia da deposito di urato è rappresentata da un attacco infiammatorio articolare acuto occasionale, spesso si presenta come una monoartrite dell’alluce (podagra) con marcati segni di flogosi.

Non infrequenti comunque le presentazioni poliarticolari e tofacee soprattutto nei pazienti anziani o immunodepressi.

Se possibile va seguita un’atrocentesi perché la presenza di cristalli di acido urico confermerà la diagnosi di “gotta”senza ombra di dubbi.

Ove non sia possibile particolare attenzione andrà posta alla storia clinica del paziente. La raccolta anamnestica dovrà darci dati relativi ai livelli di uricemia, alle comorbilità, alla storia familiare, all’uso di farmaci, alimenti, bevande e all’esposizione al piombo al lavoro o in casa.

L’esame obiettivo deve ricercare l’eventuale presenza di artrite in tutte le articolazioni e la presenza di tofi a mani, piedi, tendine d’Achille, gomiti(borsa olecranica) ed orecchie (noduli sul padiglione).

Si eseguiranno anche radiografie a carico delle articolazioni interessate per una valutazione dello stato attuale e delle lesioni eventualmente già presenti.

Il paziente andrà poi monitorato nel tempo dal punto di vista dei livelli di “uricemia”.

Poiché i livelli serici di acido urico possono essere più bassi o normali durante un episodio di artrite acuta, è necessario attendere almeno una decina di giorni dalla risoluzione dell’episodio articolare acuto per avere una valutazione attendibile dell’uricemia.

Il trattamento degli attacchi acuti di gotta

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Esso deve essere individualizzato per il singolo paziente.

Nel paziente a basso rischio, senza problemi renali, epatici, del midollo osseo e senza anamnesi di ulcera peptica, l’attacco acuto può essere trattato con FANS (farmaci antinfiammatori non steroidei). Questi sono più efficaci quanto più precocemente impiegati.

Nei pazienti in cui i FANS siano controindicati si può utilizzare per il trattamento degli attacchi acuti il prednisone a dosi di 0,5 mg/kg/die, sino alla risoluzione della crisi.

Altro farmaco usato è la colchicina. Nei casi acuti il dosaggio della colchicina per via orale può essere:

  • carico di 1,0mg;
  • seguito dopo 1 ora da una dose di 0,5 mg;
  • e successivamente – al bisogno – dopo 12 ore da ulteriori dosi di colchicina (fino a 0,5 mg tre volte al dì), fino alla risoluzione dell’attacco acuto.

Dopo che la crisi acuta si è risolta occorre intraprendere una terapia ipouricemizzante a lungo termine, che ha come obiettivo non solo quello di prevenire le recidive degli attacchi articolari acuti, ma soprattutto di mantenere l’uricemia al si sotto di 6,0mg/dL, ssia la soglia di precipitazione dei cristalli di urato.

Una efficace terapia a lungo termine consente di evitare la precipitazione dei cristalli di urato e di ridurre in questo modo non solo il rischio di complicanze articolari ma anche quelle renali, metaboliche e cardiovascolari.

La terapia ipouricemizzante

La terapia ipouricemizzante deve essere iniziata dopo la risoluzione dell’attacco articolare acuto ed all’inizio deve essere associata alla terapia di profilassi con Fans o colchina, perché nei primi mesi di terapia ipouricemizzante si determina una mobilizzazione del pool di urati ed un incremento del rischio di recidiva degli attacchi acuti.

Accanto alla terapia farmacologica possono essere utili misure di stile di vita:

  • evitare il consumo di alcool;
  • ridurre gli alimenti ricchi di purine (prodotti animali ad alto tasso di proteine es: acciughe, cervella, consommé, sugo di carne, aringhe, frattaglie, estratti di carne, carne trita, cozze, sardine) e se sovrappeso od obesi ridurre il peso.

Se il paziente sta assumendo un diuretico tiazidico va presa in considerazione la possibilità di sostituirlo ,perché i tiazidici possono favorire la formazione di depositi di urato. Spingere inoltre verso una adeguata idratazione per ridurre il rischio di formazione di calcoli renali.

La terapia farmacologica dell’iperuricemia cronica si basa sull’utilizzo di un inibitore della xantina ossidasi.

L’allopurino è quello da maggior tempo in commercio, fra i più recenti da ricordare il Febuxostat (nome commerciale Adenuric).

Il paziente in trattamento cronico con farmaci ipouricemizzanti deve essere monitorato con regolarità e l’obiettivo dovrebbe essere quello di mantenere il livello di uricemia al di sotto di 6,0mg/dl per prevenire i depositi di urato nei vari organi e tessuti per ridurre il rischio di complicanze articolari, metaboliche, renali e cardiovascolari.